Notizie dal Museo
Conferimento della cittadinanza onoraria del Comune di Papasidero ai proff. Fabio Martini e Domenico Lo Vetro
Intervento e ringraziamento del prof. Fabio Martini
“Lascio immaginare a quanti mi stanno ascoltando la gioia, la soddisfazione e la commozione che provo nell’essere qui, oggi, a Papasidero, con quanti in questi venti anni hanno voluto condividere con me e con il mio gruppo di collaboratori l’esperienza della seconda stagione di scavi a Grotta del Romito.
Il riconoscimento che oggi l’Amministrazione comunale vuole assegnare a me e al dott. Domenico Lo Vetro è un onore. Non so se qualcun altro prima ha avuto questo stesso onore, in ogni caso primo o non primo, questo riconoscimento mi porta a sentire ancora di più il legame con questa grotta e con la comunità di Papasidero, legame che già, chi mi frequenta lo può testimoniare, è forte, intenso e continuo.
Questo incontro di oggi mi obbliga emotivamente ad un viaggio dentro il mio tempo, un viaggio dentro una lunga estate che sta durando da venti estati (un solo inverno, quello dello scavo di Romito 9). In questa lunga estate ho attraversato e percorso i vicoli di Papasidero quando alloggiavamo in vetta al paese presso il castello, oppure la strada per Tremoli quando lì abitavamoospiti di Mario Bloise, le curve per raggiungere la grotta quotidianamente, i sentieri dietro Le Fontanelle. Ma anche le escursioni ai ruderi di Avena, che mantengono tristi la desolata memoria di un passato lontano, non dimenticato, ormai irrecuperabile. Le gite a Rotonda per la festa dei tronchi, le serate nel bosco di Laino. Il rafting. E anche qualche incendio.
In questo viaggio della memoria, incontenibile in una giornata come oggi, ho davanti a me molti volti. A partire da Mario Bloise, che ci aspettava al Bivio Avenauna mattina del luglio 2000 per il nostro primo sopralluogo in grotta; il primo papasiderese che incontrai il giorno dopo fu Angelo, che alle 7 di mattina faceva colazione al bar (la seconda, la terza della sua mattinata di lavoro) con un panino alla mortadella e un peperoncino e ci spinse a provarlo insieme al nostro tradizionale cappuccino. Un disastro. Non voglio nominare altri volti, altre persone, la lista sarebbe troppo lunga, ognuno di loro lo sa che li porto nel cuore, con la simpatia di chi ha condiviso cene, balli, brindisi di compleanni e di matrimoni, dolori per quanto di brutto a volte la vita ci regala. O anche solo una birra al Bar Spagnuolo o al Bar Romano.
Ma non fu quello il mio primo incontro con la Grotta del Romito. Infatti, quando ero studente, era l’inverno del 1969, il deposito dell’Università di Firenze dove Graziosi teneva i materiali dei suoi scavi al Romito ebbe un cedimento strutturale e noi laureandi fummo chiamati a raccolta per trasferire in un’altra sede in sicurezza con estrema urgenza e in un paio di giorni tutte le cassette e le scatole dei reperti. Mai avrei pensato allora di ritrovarmi 31 anni dopo coinvolto in una nuova avventura che ha segnato la mia vita professionale, e non solo quella, dandomi molte soddisfazioni private e riconoscimenti pubblici.
Sono passati venti anni dall’inizio della nuova stagione di scavi. Una volta uno studente mi ha chiesto come mi sentivo quando nel luglio dell’anno 2000 Santo Tinè mi propose, a nome della locale Soprintendenza, di raccogliere il testimone per riprendere gli scavi a grotta del Romito, accogliendo quindi la pesante eredità del mio professore, Paolo Graziosi. Come mi sentivo: ricordo che a quello studente risposi che mi batteva forte il cuore.
Ma poi tutto si è rivelato più semplice del previsto, anche grazie a chi negli anni si è avvicendato negli incarichi dell’Amministrazione comunale, ai funzionari della Soprintendenza archeologica con alcuni dei quali sono nati rapporti di confidenza e di stima reciproca, alla popolazione di Papasidero che ci ha accolto con simpatia, alle guide dell’Antiquarium, a quanti a vario titolo hanno lavorato con noi per rendere più semplice il nostro lavoro. Tutto, dicevo, si è rivelato più semplice. Così qualche volta va la vita, in barba alle nostre preoccupazioni e ansietà.
Un altro studente un’altra volta mi ha chiesto: perché si scava nelle grotte? perché esistono gli archeologi?
La prima risposta ovviamente fu questa: si scava per ricostruire la nostra storia lontana, per capire e fare tesoro delle esperienze dei nostri lontani progenitori, per conoscdere i loro modi di vita ma anche l’ambiente nella preistoria, le popolazioni faunistiche, la vegetazione. Ma c’è un’altra risposta, più intima, che un professore anziano non può dare ad un giovane ed entusiasta studente che si affaccia alla vita e che comincia ad investire per il suo futuro. In realtà si scava e si studia il passato per sconfiggere la morte, per lasciare viva, attraverso le singole e personali esperienze di lavoro, la memoria del passato che ogni archeologo ricostruisce per capire meglio la propria esistenza. Fare archeologia significa condividere le esperienze di antiche civiltà e antichi popoli, in primo luogo per sé e poi per condividere questa coscienza con altri.
Questo principio si addice a tutti o quasi tutti i mestieri e le professioni: l’insegnante lascia qualcosa di sé nel futuro dei suoi allievi, i commercianti, gli artigiani, gli impiegati, gli operai attraverso il loro lavoro costruiscono qualcosa che sarà ereditato dai loro figli e dai discendenti i quali manterranno la memoria dei vecchi.Il nostro lavoro è la garanzia che resteremo, assenti, nella storia della nostra famiglia, del nostro paese, della società in cui viviamo, resteremo nella memoria di chi vorrà essere custode della nostra vita. Infatti, il nostro lavoro e la nostra esistenza sono fortemente intrecciati con quelli degli altri e solo un confronto continuo e una relazione empatica continua con il nostro piccolo o grande ambiente sociale, attraverso l’ascolto e la familiarità, possono produrre risultati tangibili che saranno il punto di partenza per raggiungere in seguito altri risultati.
Consentitemi di ricordare brevemente alcuni traguardi raggiunti in questi venti anni, partendo dalla ripresa degli scavi del 2000 con un nuovo progetto di indagine ispirato dalla convinzione che quanto la vita ci offre è sempre un’avventura da vivere e solo in rare occasioni un problema da risolvere.
Venti anni di ricerche in grotta e di studi hanno portato alla ricostruzione dell’ambiente, dell’economia, dei modi di vita in questo angolo della Calabria a partire da 24.000 anni fa, ricerche che sono state sempre agevolate dalla locale Soprintendenza archeologica per il tramite di tutti i Soprintendenti che si sono avvicendati in Calabria e dei vari funzionari territoriali.
Grotta del Romito è stata da noi presentata negli anni in Convegni nazionali e internazionali, ravvivando l’interesse che già Paolo Graziosi aveva suscitato limitatamente alla figura incisa di Bosprimigenius e delle sepolture.
Abbiamo editato 45 pubblicazioni tra il 2000 e il 2018, molte su riviste internazionali.
Quattro guide sono state stampate in meno di due decenni; esse hanno accompagnato appassionati, turisti, ed educatori lungo il percorso della divulgazione e dell’informazione che abbiamo avviato sin dall’inizio del nostro operato.
Abbiamo messo in luce, dopo i sei scoperti da Graziosi, altri tre inumati che hanno fornito nuove informazioni sul rito funerario paleolitico.
Abbiamo documentato che anche tra 10.000 e 8.000 anni fa durante il Mesolitico la grotta era abitata e abbiamo così colmato un vuoto di conoscenze importante.
Le nuove e talora innovative metodologie di indagine che abbiamo adottato, sempre in chiave pluridisciplinare, in ultimo la genetica, hanno fatto di grotta del Romito un esempio di eccellenza di studio in ambito internazionale e un campo scuola di formazione per le future generazioni di archeologi.
Sette istituzioni di ricerca italiane (Musei e Università) e dieci straniere hanno collaborato e collaborano alle ricerche condotte dall’Università di Firenze.
Nel 2002 fu qui organizzato un convegno che ha portato a Papasidero e in grotta circa 300 persone, una impresa possibile solo con l’aiuto dell’allora Amministrazione Comunale.
Nel 2015 la grotta è stata inserita tra i geositi del Pollino Geoparco Globale UNESCO, un raro riconoscimento per le evidenze preistoriche in Italia, ottenuto grazie anche alla sinergia tra l’attuale Amministrazione comunale e il Parco del Pollino.
Stiamo progettando un ampliamento dell’Antiquarium, per renderlo più informativo e più inclusivo.
L’archeodromo con i suoi tre esempi di capanne è il primo in Italia riferito al Paleolitico.
Nel 2018 la grotta del Romito è stata una delle evidenze preistoriche principali all’interno del filmato realizzato da RAI Storia sui più importanti siti paleolitici.
Da alcuni anni abbiamo iniziato uno scavo in un riparo sotto roccia prossimo alla grotta. È stato utilizzato nell’età del Bronzo (circa 1200 anni a.C.) come luogo di sepoltura per adulti e bambini. I resti di sei individui sono al momento allo studio. Confidiamo che questo nuovo sito possa in futuro riservarci molte soddisfazioni.
Vent’anni. E sono certo e vi garantisco che questo è solo l’inizio.
Il nostro operato è statoed è ispirato ad un principio fondamentale: la comunità locale deve raggiungere la consapevolezza che questo patrimonio storico è suo, che gli archeologi hanno la sola funzione di portare alla luce, come le levatrici, ma poi il patrimonio culturale e la storia di Papasidero devono essere gestiti con consapevolezza, saggezza e senso civico, per creare posti di lavoro, per attirare un turismo culturale di qualità armonizzato con tutte le risorse disponibili in zona, per valorizzare questo bene comune da trasmettere alle generazioni future.
Ho usato alcune parole che non sono assolutamente fuori luogo in questa occasione di incontro. Ho usato: eredità, memoria, essere custodi, relazioni, ascolto, familiarità, empatia. Tutti termini che si addicono e che scandiscono anno dopo anno l’essere stati noi qui a Papasidero. Ed essere oggi anche cittadini di Papasidero.
A voi tutti rivolgiamo un sentito ringraziamento per questo conferimento di cittadinanza.”
Papasidero 31 agosto 2019