Notizie dal Museo

Arudy, espace d’avant-garde scientifique

21 settembre 2004. In quella data ci ha lasciato Georges Laplace, insigne archeologo preistorico francese (anzi, basco come Lui amava precisare). Con Laplace si sono formati molti ricercatori europei, che hanno adottato la Sua Tipologia analitica come sistema di catalogazione delle produzioni litiche. Il metodo è stato ed è utilizzato dalla maggior parte dei ricercatori italiani.
A venti anni dalla sua scomparsa Lo ricordiamo con immutato affetto e riconoscenza.

 

PER GEORGES LAPLACE

La preistoria italiana parla nella lingua della Tipologia analitica: Firenze, Siena, Pisa, Ferrara, Genova, Trento sono le principali sedi dove questo metodo ha messo radici e dove ha trovato adesioni, tanto da diventare ormai una “tradizione” metodologica.

Con questa breve nota vogliamo testimoniare la stima, l’affetto e la riconoscenza per l’uomo e per lo studioso Laplace, che abbiamo avuto l’occasione di frequentare da quando, studente universitario, nel mese di agosto di ogni anno (o quasi) partecipavamo ai mitici Seminari di Arudy. Eravamo stati introdotti da Mara Guerri e da Paolo Gambassini.

Lì scienza e umanità si mescolavano, i rapporti umani (profondi, dialettici, dinamici) permettevano di fare scienza nel rispetto delle posizioni, delle differenze di preparazione, di esperienze e anche di capacità. La carica empatica di Laplace, la sua energia e la sua curiosità intellettuale erano il cemento dei Seminari, dove -primus inter pares- guidava le riflessioni. Eravamo due studenti ventenni catapultati a discutere di metodologia con studiosi del calibro di Merino, Barandiaran, Broglio, Cremonesi, Grifoni, Tozzi. Tutti eravamo, studenti e maestri, compagni di banco. La democrazia del fare scienza è quello che abbiamo imparato ad Arudy.

Siamo tra gli ultimi testimoni di quelle prime esperienze negli anni ‘70, che poi non abbiamo più frequentato nelle sue edizioni più recenti. Leggiamo nel programma dell’incontro nomi che non conosciamo, che non colleghiamo a volti, gesti, conversazioni: sono gli eredi, più o meno giovani, che si sono riconosciuti e si riconoscono nel metodo analitico, un metodo non empirico ma teorico che può esprimere un sistema concettuale, ideologico, filosofico.

Una nota personale. Non possiamo non ricordare Delia, la sua compagna, sempre presente con la massima discrezione, pronta a dare sostegno e consigli. Oltre a lei manteniamo negli occhi e nel cuore volti e nomi con cui abbiamo condiviso molte giornate. Qui vicino a noi il basco personale di Laplace, che ci è stato lasciato come suo ricordo. Una preziosa eredità affettiva.

Laplace ha lasciato una traccia profonda nella nostra crescita personale e professionale, una traccia che abbiamo condiviso con altre persone e con altri colleghi. Apertura mentale, dubbio costruttivo, partecipazione e condivisione sono le parole chiave di quella magnifica stagione. Quando non parlavamo di crans, di ritocco piatto e di pezzi scagliati erano i canti a ricordarci il legame che si era formato nel gruppo. Ricordo Laplace che intonava “C'est le bon régiment qui passe, drapeaux au vent, tambours battent...” Che piacere sapere che la cara Helene vi ricorderà anche questo!

Fabio Martini, Lucia Sarti

Arudy, espace d’avant-garde scientifique